Civic Design: Processo Circolare

Riassunto

Questo articolo mira a contribuire alla riflessione sulle nuove prassi che stanno trasformando l’approccio professionale e istituzionale all’attivazione e gestione dei processi di intelligenza collettiva. Tali processi coinvolgono diversi attori in un territorio e vengono definiti come design civico (Di Siena, 2015).

I processi di collaborazione e intelligenza collettiva rappresentano una pratica emergente. Questa pratica evidenzia una rinnovata capacità degli abitanti di un territorio di realizzare processi di trasformazione e miglioramento del loro ambiente, in collaborazione con il settore pubblico, privato o terzo settore (Peña-López, 2019).

Il civic design permette di attivare processi di intelligenza collettiva, rafforzando la capacità degli abitanti di un territorio di relazionarsi e coinvolgersi in varie sfere e con differenti intensità.

L’articolo presenta uno strumento chiamato “Processo Circolare” capace di evidenziare le principali azioni e dinamiche di un processo di attivazione dell’intelligenza collettiva. Utilizza uno studio di caso per descrivere questo modello metodologico, mettendo in luce come coinvolgere un ampio numero di attori locali mantenendo buone relazioni con le aspettative dell’amministrazione pubblica e delle comunità locali.

Contesto

La capacità di considerarci come una rete apre una nuova sfera per la costruzione collettiva che non possiamo attribuire a nessuna di quelle conosciute fino ad ora (Castells, 2010).

I processi di collaborazione e intelligenza collettiva rappresentano una pratica emergente in cui si rinnova la capacità degli abitanti di un territorio di realizzare processi di trasformazione e miglioramento del loro ambiente in complementarietà e collaborazione con l’azione del settore pubblico, del settore privato o del terzo settore (Peña-López, 2019).

Per attivare questo tipo di processi, abbiamo bisogno di un nuovo quadro d’azione e di nuove forme di articolazione che favoriscano la collaborazione tra attori non abituati a collaborare (Chautón, Di Siena, 2019).

Desidero approfondire le riflessioni che hanno finalmente avvicinato l’accademia alla pratica professionale e all’attivismo cittadino (Corsin 2017). Due eventi importanti stanno avvenendo: da un lato, l’accademia riconosce una nuova pratica sperimentale che attiva la partecipazione dei cittadini senza la necessità di rigidi quadri istituzionali predefiniti (Lafuente, Estalella, Corsin, 2012), dall’altro, l’attivismo riconosce l’utilità dei professionisti nel suo rapporto con le istituzioni (Corsin 2017).

A questo dibattito si affianca una nuova prospettiva, attivata da diversi casi di attori che, dall’interno delle istituzioni pubbliche, stanno avviando processi innovativi di apertura verso l’esterno, verso i cittadini e altri attori del territorio, come ampiamente descritto nel libro “Opening institutions from within [Hacking Inside Black Book]” pubblicato dal LAAAB dell’Aragona (Spagna).

Desidero descrivere come stiamo cambiando il nostro modo di comprendere i processi collaborativi proponendo pratiche collettive, multi-attoriali e transdisciplinari, con la capacità di strutturare processi di intelligenza collettiva riconoscibili e con un impatto sul territorio.

Ipotesi

Stiamo assistendo all’emergere di una pratica che possiamo chiamare Design Civico. Questa pratica non ha ancora ricevuto molta attenzione accademica, ma ha guadagnato molto interesse nella pratica professionale. Si concentra sul design dei processi piuttosto che sulle soluzioni, grazie al coinvolgimento di molti attori nel territorio.

A sostegno di studi su questa nuova prassi, propongo uno strumento che evidenzia le principali azioni e dinamiche che compongono un processo di attivazione dell’Intelligenza Collettiva.

Con questo articolo, intendo dimostrare come questo strumento descriva la dinamica che ci permette di passare da un contesto iniziale, in cui viene posto un problema territoriale, a una proposta finale attraverso pratiche collettive, multi-attore e transdisciplinari. Queste pratiche hanno la capacità di strutturare processi di intelligenza collettiva riconoscibili, dimostrando la sua utilità come riferimento per il civic design.

Metodologia

Questo articolo è il risultato di una ricerca molto più ampia che ho sviluppato nell’ambito del programma di dottorato “Sostenibilità e Rigenerazione” della Università Politecnica di Madrid. Esso nasce quindi nel contesto di una ricerca di oltre 10 anni, sviluppata con un approccio iterativo, dove ogni fase e metodo è stato sviluppato dai risultati della fase e metodo precedente.

Lo stimolo per l’approccio finale è stato un processo di analisi e revisione, parallelo alla mia attività di ricerca, dei miei 15 anni di esperienza professionale, che ho avviato spontaneamente, con l’obiettivo di verificare l’esistenza o meno di un modello metodologico in grado di descrivere il mio modo di lavorare e i progetti o interventi in cui sono stato coinvolto, per lo più di tipo collaborativo.

Di conseguenza, sfrutto la ricerca per descrivere il potenziale di un nuovo approccio metodologico relativo alle azioni di trasformazione territoriale attivate e sviluppate dal coinvolgimento di molteplici attori locali e globali.

In questo modo, unisco ricerca e sperimentazione professionale con la pratica della ricerca accademica in uno spazio di sinergia. Ciò si traduce nell’applicazione sequenziale di due azioni. Da un lato un lavoro deduttivo con cui arrivo a definire una metodologia di lavoro professionale sulla base di una lunga e vasta attività di sperimentazione resa possibile da decine di casi pratici, e dall’altro un lavoro di ricerca incentrato sul confronto di tre casi concreti in cui possiamo riconoscere il modello metodologico della mia pratica professionale.

Da un’analisi, sono passato a un lavoro di sintesi che mi ha permesso di definire un modello metodologico comune a tutti gli studi di caso. Ciò si traduce nella possibilità di avvicinarsi a un’analisi comparativa, che oltre a avere l’obiettivo di trovare schemi per la validazione della mia ipotesi iniziale, ci permette di dimostrare l’emergere della pratica che abbiamo chiamato Civic Design, che, partendo da diverse situazioni e contesti, riesce ad attivare la dinamica dell’Intelligenza Collettiva Situata. Questo lavoro di sintesi è accessibile su un sito web che ho creato, http://civicdesignmethod.com, dove è possibile scaricare il White Paper del Metodo di Civic Design (Di Siena, 2019).

In questo articolo voglio concentrarmi su uno degli aspetti più rilevanti dell’approccio Civic Design, che corrisponde alla possibilità di progettare un processo piuttosto che una soluzione specifica. Una parte fondamentale del modello metodologico sviluppato con la mia ricerca riguarda la definizione di strumenti base che ci aiutano nella pratica del design e, in questo caso, nella pratica della progettazione di un processo, che di per sé è concepito con l’obiettivo di attivare un’Intelligenza Collettiva che permetta ai diversi attori presenti in un territorio di collaborare per raggiungere un risultato con un alto grado di consenso. A tal fine, ho definito uno schema di lavoro che chiamo Processo Circolare per il Civic Design.

Utilizzando uno studio di caso in cui ho partecipato personalmente, vedremo come lo schema del Processo Circolare per il Civic Design riesca a descrivere e comprendere lo sviluppo di un processo di progettazione molto complesso.

Caso di studio: Dreamhamar

photo credits: Christoffer Horsfjord Nilsen

Dreamhamar è una proposta sviluppata dallo studio di architettura e urbanistica con sede a Madrid, Ecosistema Urbano. Si tratta di un processo di progettazione partecipativa e in rete volto a ridisegnare lo spazio pubblico di Piazza Stortorget nella città di Hamar in Norvegia. La prima versione di questo processo è stata progettata come proposta per un concorso pubblico nel 2010. Una volta selezionata come proposta vincente, è stata realizzata durante il 2011 e il 2012, durante i quali i cittadini della città di Hamar hanno potuto partecipare al processo di riflessione collettiva che è culminato in un nuovo design della piazza. Questo è un approccio pionieristico nel campo della configurazione di nuovi spazi pubblici o della trasformazione di quelli esistenti, grazie al suo impegno per un processo aperto e multifacetico strutturato attorno a un programma molto ampio di workshop, conferenze, azioni urbane, strumenti di comunicazione e partecipazione.

Lo sviluppo di questo progetto ha comportato una riflessione molto intensa su come coinvolgere un gran numero di attori locali mantenendo al contempo un buon rapporto con le aspettative dell’amministrazione pubblica e delle comunità locali. Tutto ciò in un contesto territoriale e culturale che era nuovo per i professionisti che lo hanno guidato.

Possiamo descrivere il processo Dreamhamar in queste 10 fasi:

  1. Inizio: Sviluppo di una proposta per il concorso elaborata dalla Spagna;
  2. Pianificazione: Definizione delle attività che strutturano il processo di progettazione;
  3. Coinvolgimento di comunità e stakeholder locali;
  4. Scopo: revisione dello scopo iniziale e riconfigurazione delle attrezzature;
  5. Diffusione: promozione del processo alle comunità locali;
  6. Pratiche di benvenuto per tutti coloro che desiderano collaborare;
  7. Distribuzione di programmi di workshop e attività collettive;
  8. Prototipazione: test a grandezza naturale in piazza;
  9. Implementazione dei contributi per un progetto preliminare della piazza;
  10. Risultati e impatto.

1. Inizio: Sviluppo di una proposta per il concorso elaborata dalla Spagna

L’inizio di questo progetto corrisponde alla decisione di partecipare al concorso organizzato dal comune di Hamar in Norvegia e alla definizione di un primo team di lavoro. A causa della sua natura sperimentale legata all’arte, il concorso richiedeva la formazione di un team misto che includesse almeno un architetto e un artista. Il nostro team era composto da diversi professionisti, principalmente architetti, e un artista.

L’oggetto del concorso era lo sviluppo di un’opera d’arte in vista di un processo di ridefinizione della piazza Stortorget di Hamar. Il bando di concorso specificava anche una serie di obiettivi che di solito non sono direttamente associati a un intervento artistico: l’opera d’arte avrebbe dovuto essere in grado di restituire identità e visibilità alla piazza, ma anche all’intera città e alla comunità locale, e avrebbe dovuto contribuire a generare una maggiore capacità di trattenere i giovani che di solito migrano verso città più grandi.

2. Pianificazione: Definizione delle attività che strutturano il processo di progettazione

Era evidente la complessità della proposta, quindi ci siamo concentrati sulla definizione di un processo molto dettagliato che comprendesse vari cicli e attività che ritenessimo necessari per coinvolgere i diversi attori locali al fine di raggiungere un design finale per la piazza. La prima proposta presentata al concorso non affrontava direttamente la possibilità di una ridefinizione della piazza. Per rispettare il bando del concorso, ci siamo limitati a presentare un processo che ci permettesse di creare 6 opere d’arte sviluppate in collaborazione con il pubblico come test, per arrivare successivamente a una proposta finale.

Come punto di partenza per connettersi con il territorio, abbiamo definito il lavoro con le scuole e, a seguito del lavoro sul campo, avremmo proseguito la connessione con le organizzazioni locali, anche con il supporto delle informazioni forniteci dalla pubblica amministrazione.

3. Coinvolgimento delle comunità locali e globali e delle parti interessate

Abbiamo iniziato con le azioni pianificate. Ci siamo concentrati sul lavoro con le scuole e gli istituti superiori per creare il primo collegamento con il territorio e le comunità locali. Abbiamo instaurato contatti con un gran numero di genitori in modo informale, aprendo le porte alle attività successive organizzate con diverse entità locali. Abbiamo generato, poco a poco e in modo organizzato, un processo di costruzione della fiducia che si è rivelato fondamentale per la continuità del progetto.

Il piano di coinvolgimento prevedeva incontri con attori locali basati sulle raccomandazioni dei tecnici del comune e sulle conversazioni con i genitori dei bambini e degli adolescenti delle scuole dove erano programmate le prime attività. Per questo motivo, abbiamo tenuto riunioni con tutti i gruppi politici e tutti i rappresentanti dell’assemblea comunale per spiegare le grandi opportunità del progetto e chiarire eventuali dubbi. Questo lavoro si è rivelato estremamente prezioso per attivare e coinvolgere le organizzazioni con cui avevamo già avuto contatti, ottenendo il loro sostegno. Inoltre, grazie a questo lavoro e al voto dell’assemblea dei cittadini, si è creato un contesto favorevole di sostegno per un progetto comunque molto sperimentale.

Questo è stato anche il momento di riconfigurazione del team. Una volta proclamati vincitori, il team è stato diviso in due gruppi: uno rimasto nella città di Hamar per mantenere una relazione costante con la pubblica amministrazione e le comunità locali, e un altro rimasto a Madrid per fornire supporto. Per completare la struttura del team, sono stati selezionati esperti locali e internazionali per ciascuno dei sei assi tematici che strutturavano l’intero processo.

Per attivare una dimensione “glocal” con interazione tra il locale e il globale, abbiamo introdotto diversi elementi esterni, come una rete di università e un programma di laboratori sviluppati direttamente online che avrebbero avuto il ruolo di arricchire l’intero processo locale con nuove proposte. Il nostro obiettivo era creare una rete di persone e comunità di studenti e ricercatori da diverse parti del mondo che potessero partecipare al processo e interagire con gli abitanti, promuovendo una maggiore apertura dell’immaginazione collettiva riguardo al presente e al futuro della piazza.

4. Revisione dello scopo iniziale e riconfigurazione delle attrezzature.

Prima di poter avviare l’intero processo, è stato necessario negoziare con la pubblica amministrazione sulla possibilità di lavorare più direttamente alla ridefinizione della piazza e sulla durata del processo. Abbiamo infine ottenuto il supporto del consiglio comunale per un processo di ridefinizione della piazza basato sulla sperimentazione di sei opere d’arte effimere, ma abbiamo dovuto ridurre notevolmente la durata del processo da un anno e mezzo a 8 mesi, con l’impegno di consegnare rapporti intermedi in cui venissero evidenziati i risultati raggiunti.

Una volta proclamati vincitori, due persone del team si sono trasferite direttamente nella città di Hamar, mentre altre sono partite per offrire supporto nei momenti più intensi. Il team era strutturato in due gruppi: uno che rimaneva nella città di Hamar mantenendo una relazione costante con la pubblica amministrazione e le comunità locali, e un altro che forniva supporto da Madrid.

Il team locale era composto da due architetti e altre figure professionali locali. Abbiamo assunto un giornalista responsabile della comunicazione e delle relazioni con i giornali locali e quattro educatori e mediatori che ci hanno accompagnato nelle nostre relazioni con diverse organizzazioni e cittadini. Questi mediatori avevano anche il compito di coordinare laboratori e attività collettive.

Il team di Madrid si occupava di tutto il supporto tecnico e della coordinazione di due parti cruciali: l’infrastruttura e le attività dei laboratori e delle produzioni online (il Digital Lab) e poi tutta la produzione di rapporti e design urbano che venivano prodotti durante il processo fino alla consegna finale.

Per completare la configurazione del team, sono stati selezionati esperti locali e internazionali per ciascuno dei sei assi tematici che strutturavano l’intero processo.

5. Diffusione: promuovere il processo alle comunità locali

In questa fase, ci siamo concentrati sull’organizzazione della comunicazione e delle strategie per pubblicizzare il processo. Abbiamo precedentemente definito i linguaggi grafici e l’obiettivo delle prime attività che avrebbero creato il primo impatto sui cittadini.

Abbiamo infine deciso di avviare il processo con un evento festivo. Abbiamo invitato il collettivo di graffiti di Madrid, Boa Mistura, che ha operato su metà della piazza con un dipinto suggestivo che replicava i motivi geometrici e i colori tipici della cultura norvegese, direttamente sul suolo. Ciò è stato accompagnato da un evento festoso che ha attirato l’attenzione dei giornali locali, che sono venuti a pubblicare la notizia, dando visibilità all’inizio del processo.

È stato anche il momento di attivazione e diffusione del sito web e dei diversi canali attivati sui social network.

6. Organizzazione delle Pratiche di Benvenuto per tutti coloro che desiderano collaborare.

Una volta messa in atto l’infrastruttura e dopo le numerose interviste con gli attori locali e il primo evento di lancio del processo, il team locale si è organizzato per poter ricevere e dare il benvenuto a persone e organizzazioni che volevano aderire al processo o addirittura proporre attività.

7. Attivazione del programma di laboratori e attività di gruppo

Con l’infrastruttura attivata, lo scopo ridefinito e il team stabilitosi in città, ha avuto inizio il dispiegamento di tutta la programmazione. Il processo è stato strutturato attorno a diversi tipi di attività:

1) “The Cultural Racksuck”, un programma di attività con 12 scuole superiori locali che ha coinvolto più di 1000 bambini e giovani.

2) Due laboratori online, uno incentrato su spazio pubblico e cittadinanza e l’altro sull’urbanismo tattico.

3) Programmazione di sei settimane tematiche. Ognuna di queste settimane tematiche includeva l’invito di un esperto internazionale e un esperto locale (attivatore di comunità) che rimanevano una settimana per supportare il processo e offrivano una lezione e un laboratorio tematico. I temi erano: Cittadinanza, Ambiente, Tecnologia, Strategia Stagionale, Attività, Futuro.

4) In parallelo a queste attività, sono state programmate sei interventi nella piazza, iniziando con l’intervento di apertura con il collettivo Boa Mistura. Gli interventi successivi hanno avuto una produzione molto importante in termini di organizzazione logistica e comunicazione.

8. Attivazione del programma di laboratori e attività di gruppo

Diversi prototipi e interventi sono stati realizzati nella piazza, tutti a basso costo e con grande impatto visivo, riutilizzando materiali e pensando attentamente alla gestione di tutte le fasi: prima, durante e dopo. Naturalmente, questi erano interventi temporanei, ma siamo stati attenti a non considerarli come una povera riproduzione della realtà, bensì come un’opportunità di utilizzare la piazza in modo diverso, anche se solo per pochi giorni, e di ampliare l’immaginazione dei cittadini.

Questi esperimenti diretti nella piazza hanno facilitato il lavoro di sintesi e proposta sviluppato dal team tecnico con le proposte di design finale per la piazza.

9. Implementazione degli input per un progetto preliminare della piazza.

Dopo aver condotto la maggior parte dei laboratori e delle attività con le diverse comunità e sfruttando i test sviluppati direttamente in piazza, il team tecnico si è concentrato sulla definizione di una prima proposta di progetto preliminare. Questa proposta ha tenuto conto degli input ottenuti nelle diverse attività, proponendo una configurazione degli spazi della piazza pensando non solo alla parte formale, ma anche all’opportunità di includere nel design una visione delle diverse attività e dinamiche pensate a partire dal coinvolgimento diretto dei cittadini e dalla loro capacità di auto-organizzazione.

Infine, gli elementi del progetto che prevedevano una maggiore connessione con i cittadini sono stati eliminati nel progetto di esecuzione sviluppato da un altro studio di architettura che ha preso il posto del lavoro sviluppato dallo studio Ecosistema Urbano, di cui anch’io ero membro.

10. Risultati e impatto

Il progetto preliminare viene presentato all’amministrazione pubblica e in alcune sessioni pubbliche con i vicini per tenere conto dei commenti finali delle comunità locali. Poi, con l’accordo dell’amministrazione pubblica, il team tecnico procede a definire il progetto finale.

Senza dubbio il risultato finale e il maggiore elemento di impatto è essere riusciti a trasformare radicalmente l’immaginario e l’uso che i cittadini fanno della piazza, che ha smesso di essere un parcheggio e si è trasformata in un importante luogo d’incontro per le comunità locali.

Intelligenza Collettiva Situata

L’Intelligenza Collettiva ci ricorda che esistono altri modi di lavorare collettivamente al di là dei modelli democratici e assembleari. Il punto più importante risiede nel suo approccio creativo e produttivo. L’essenza è che non si tratta di prendere decisioni, ma di generare proposte e nuovi spazi di opportunità: per evitare di generare quelle dinamiche che dividono le persone in fazioni, maggioranze e minoranze, lavorando sempre dalla confluenza (Di Siena, 2017).

I risultati di qualsiasi processo o contesto di Intelligenza Collettiva non sono sviluppati dalla semplice somma del contributo o del pensiero di ogni attore coinvolto, ma dal risultato dell’interazione, del dibattito e del lavoro collaborativo che si sviluppa tra tutti (Rey, 2017).

In sintesi, parliamo di dinamiche in cui gli abitanti di un territorio, in continua connessione, sviluppano meccanismi di trasformazione e gestione che vanno oltre le vecchie strutture basate sulla rappresentazione, diventando più efficienti, più aperti e più trasparenti (Ruiz, 2019).

Ecco perché, nel caso di processi legati al territorio, dobbiamo sottolineare che stiamo parlando di un’intelligenza collettiva situata, ovvero fortemente condizionata, rafforzata e sviluppata a partire dal territorio, coinvolgendo i suoi attori, le sue condizioni culturali, economiche, politiche e geografiche.

Design Civico

Nel mio lavoro di ricerca sui processi, spazi e pratiche che permettono l’attivazione delle dinamiche di Intelligenza Collettiva, mi riferisco al Design Civico. Questo concetto è in uno stato emergente di definizione, che non ha ancora un’ampia letteratura. Dalla mia esperienza professionale (praticante) intendo il Design Civico come l’insieme di dinamiche e strategie che permettono l’attivazione di processi di Intelligenza Collettiva con un impatto sul Territorio.

Considero che il Design Civico si concentri su progetti civici, ovvero progetti legati alla cittadinanza intesa come un collettivo che abita un territorio; esso si basa sulla multidisciplinarietà e sulla valorizzazione della conoscenza situata, dove il professionista si pone al servizio del collettivo da una prospettiva di collaborazione e facilitazione dei processi.

Dall’approccio del Design Civico comprendiamo che i professionisti mettono a disposizione la nostra esperienza e conoscenza, non tanto per generare una risposta a un problema o per generare una soluzione diretta, ma ponendoci al servizio di una comunità o di un territorio specifico, al fine di promuovere l’attivazione di un ambiente di scambio e collaborazione in cui gli attori locali interagiscono per generare un processo di Intelligenza Collettiva, attraverso il quale arriviamo poi a proposte concrete.

Processo Circolare

Il processo circolare rappresenta uno degli strumenti risultanti dal lavoro di sintesi sviluppato dall’analisi della mia esperienza come praticante. Ci porta a una riflessione centrata sulla definizione delle diverse fasi di un processo di Design Civico. Offre una definizione e comprensione del processo circolare che può aiutarci ad attivare l’Intelligenza Collettiva, specificamente collegata o sviluppata da un territorio.

È strutturato in 10 fasi, in una sequenza circolare che può essere replicata e riavviata in qualsiasi dei suoi punti. Comprendiamo che l’apprendimento e i miglioramenti in qualsiasi processo possono essere prodotti attraverso un processo di ricerca teorica (pensare/configurare) ma anche attraverso il processo di esecuzione o produzione stesso (fare/implementare): situazioni o condizioni impreviste determinano la necessità di agire diversamente da quanto pianificato (situare/effettuare), generando una scoperta, un nuovo apprendimento.

Di seguito è presentata la descrizione delle 10 fasi:

  1. Inizio

Creazione del team iniziale. Definizione dell’obiettivo e dello scopo iniziale del processo.

  1. Pianificazione

Analisi preliminare per identificare comunità e attori locali. Definizione delle diverse fasi e obiettivi del processo.

  1. Coinvolgimento

Coinvolgimento delle comunità e degli agenti del territorio. Incorporazione di professionisti promuovendo la transdisciplinarità e la glocalità. Sincronizzazione dell’intero team e attivazione di protocolli e governance di lavoro collaborativo, aperto e trasparente.

  1. Scopo

Revisione dello scopo iniziale coinvolgendo tutto il team e le comunità e attori locali. Sviluppo di una narrazione che descrive l’obiettivo del processo, le sue fasi e metodologia.

  1. Diffusione

Comunicazione dell’avvio del processo su diverse piattaforme, media e formati.

  1. Accoglienza

Attivazione delle dinamiche e dei meccanismi per accogliere tutte le persone interessate nel processo.

  1. Distribuzione

Attivazione di insiemi di dinamiche e dispositivi per attivare l’intelligenza collettiva.

  1. Prototipazione

Creazione e produzione di prototipi a basso costo. Sperimentazione diretta con una delle parti che definiscono il progetto finale al fine di testare la capacità effettiva di ottenere risultati, in modo che quando si tratta di scalare, ci siano meno problemi e fallimenti.

  1. Implementazione

Passare all’implementazione di quanto proposto nelle fasi precedenti. Scalare i test della fase di prototipazione.

  1. Impatto

Chiudere il ciclo per aprirne un altro. Dopo l’implementazione della proposta, cerchiamo modi in cui essa possa essere replicata, sostenuta o collegata con altre realtà o processi in modo che continui a generare effetti positivi e rigenerarsi.

Conclusioni

Come abbiamo visto, il Design Civico propone di giungere alle soluzioni attese attraverso processi o metodi, abilitando relazioni e strategie basate sulla collaborazione di molti attori situati nei loro territori. Non si tratta di un approccio di deliberazione collettiva, ma di un processo facilitato da professionisti che mettono il loro sapere al servizio di una comunità. La principale sfida per il successo di questo tipo di processo risiede nella capacità di definire i cicli di sviluppo e le diverse sequenze che portano da una fase all’altra, mantenendo vivo l’interesse e il sostegno delle comunità locali.

Il Designer Civico progetta il processo necessario per promuovere l’attivazione dell’Intelligenza Collettiva Situata, definendo come gli attori nel territorio interagiranno, dove lo faranno, con quali tipi di attività e con quale frequenza; egli progetta le dinamiche e definisce le tecnologie che verranno utilizzate durante il processo.

L’applicazione del Processo Circolare allo studio di caso Dreamahamar ci aiuta a strutturare e comprendere lo sviluppo di un processo di design che ha coinvolto molti attori che non erano coordinati tra loro e che non erano necessariamente nemmeno interessati al presente e al futuro della piazza. Questo tipo di approccio ci aiuta a determinare una serie di strategie in cui azione, comunicazione, sperimentazione e co-design attivano le comunità locali da una prospettiva collaborativa capace di valorizzare la conoscenza situata di tutti gli attori. Tutto ciò è possibile grazie alla progettazione di un processo e alla capacità dei designer di svolgere il loro ruolo come facilitatori allo stesso tempo.

Questo tipo di approccio professionale è attualmente in una fase di emersione ed è ancora dipendente da molta sperimentazione, che in molti casi è in realtà pura improvvisazione. Ecco perché è indispensabile analizzare i progetti che sono riusciti a ottenere risultati concreti sotto la lente di una struttura riconoscibile. Il processo circolare, come abbiamo visto, offre questo supporto indispensabile per analizzare casi di studio di successo e per diventare attivi nella definizione della progettazione di nuovi interventi che vogliono attivare un’intelligenza collettiva nel territorio (situato).

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